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già. cos’altro sono, se non miracoli? accorgersi, d’un tratto, di avere ripreso orari normali: a letto entro mezzanotte, sveglia entro le nove; di avere ritrovato la concentrazione e l’organizzazione: spunte su libri da leggere che sono stati letti; di avere smesso di mangiarsi le unghie: accontentandosi, al momento, dello smalto trasparente, in attesa che crescano ancora un po’ per tornare al nero. e, tra una tempesta e l’altra, uno strano, insolito senso di calma. con schubert in sottofondo.

qualche giorno fa, ricevo una foto per mail: una bottiglietta di schweppes sul tavolo di un locale. così mi metto a raccontare: “sai, sabato scorso ho ordinato un gin tonic e quando mi sono trovata davanti la bottiglietta di schweppes, ho cominciato a spiegare che non tutte le schweppes sono uguali, che se volessi potrei disegnare una mappa dei locali in relazione alle schweppes che ci ho bevuto. e sono andata avanti per una mezzora buona, imbattendomi in un muro di indifferenza, perplessità e incomprensione”. e mi sento rispondere: “sabato scorso, io ho ordinato una schweppes. e ho spiegato più o meno le stesse cose, imbattendomi più o meno nella stessa reazione. per questo ho scattato quella foto”. sono piccole magie che rendono superfluo, quasi volgare, chiedersi perché siamo amici da quasi quindici anni.

quando ti trovi a pensare che ti piacerebbe incontrare un uomo che riservi, anche solo per cinque minuti, una giostra tutta per te e inciampi in un tipo che, per un primo appuntamento, ti propone di andare a fare un giro su una giostra, cosa significa?

oggi, 24 dicembre, dopo il caffè e la sigaretta postprandiali, non dovendo né comprare regali né cucinare cenoni e trovandomi momentaneamente sprovvista di aspirapolvere, cercavo di capire come avrei occupato il pomeriggio. e per ragioni imperscrutabili, decidevo di andare in chiesa. mettevo su berretto e sciarpa, mi infilavo le cuffie, prendevo la metro e mi ritrovavo a notre-dame. e, stoica, mi accodavo non alla fila “visita”, ma alla fila “messa”. dopo due minuti netti, però, avvilita come non mai, ero fuori. il problema si riproponeva, con un’aggravante: si era fatto tardi per tutte o quasi le altre alternative. così decidevo di fare un salto da gibert jeune, già che ero in zona, giusto per perdere un’oretta spulciando tra gli scaffali. e, miracolo miracolo!, mentre annoiatissima scorrevo quarte di copertina su quarte di copertina (una più scialba dell’altra, per inciso), l’occhio cadeva sull’oggetto dei miei desideri (cercato, invano, per giorni, in ogni dove), che prendevo, pagavo e portavo a casa.

chi devo ringraziare? dio, babbo natale o dioniso?