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sto vivendo in una bolla. che ho contribuito a creare, ma solo in parte. è una bolla di sospensione. è piena di porte parallele. che pian piano si aprono, che pian piano si apriranno. e, da dentro questa bolla, divoro musica e parole. ascolto e leggo, leggo e ascolto. il più delle volte, torno verso porti noti, e per questo sicuri. altre, però, mi spingo più in là, verso l’ignoto. e affondo nella sorpresa. ma senza uscire dalla mia bolla.

un nuovo disco senza pretese nelle orecchie. e parole, parole, parole. molte delle quali inventate. per uso privato.

“hai risvegliato la mia anima rock’n’roll”, mi ha detto qualcuno. e io, oggi, mi sono comprata un foulard coi teschi.

non le pecore ma le farfalle bisogna contare. e a gruppi di dieci. poi si dorme. e si fanno sogni colorati e bellissimi.

diciamo che aspetti da un sacco di tempo il disco che ti farà (di nuovo) a pezzi. che nel deserto che sono stati gli anni zero ci sono andati vicini due gruppi canadesi, i wolf parade (2005) e i frog eyes (2007). ci sono andati vicini, appunto. e poi quel disco arriva, inatteso e discreto, in un giorno qualsiasi di dicembre. il revient, le héros, il revient. e il suo ritorno ti toglie il fiato e il sonno. ti fa a pezzi. e continua a farti a pezzi, ascolto dopo ascolto dopo ascolto dopo ascolto. ti scaraventa in un passato che pensavi fosse finito, seppellito, perché a trent’anni e oltre no, niente più devastazioni. e invece sì. anche a trent’anni e oltre. e dopo. perché lasciarsi fare a pezzi per poi tentare di rimetterli assieme, quei pezzi, è l’unica cosa che ha senso, l’unica cosa per cui vale la pena vivere.