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ieri ho pensato a j. a tutte la mattine che abbiamo perduto, perché non le facevamo cominciare mai prima di mezzogiorno. a tutti i caffè che abbiamo bevuto. a tutte le volte che ho storto il naso mentre mangiava un mandarino. a tutti i pomeriggi alla fnac, ad ascoltare in cuffia qualsiasi cosa uscisse, e poi a comprare una baguette appena sfornata e una bottiglia di vino rosso da aprire in cucina, mentre preparavamo la cena. e mentre pensavo a j., per un attimo mi è venuta voglia di cercarlo. poi però mi sono detta che no. quelle cose succedevano dieci anni fa. e forse c’entra o forse no, ma domani a mezzanotte mi piacerebbe brindare al 1992.

non le pecore ma le farfalle bisogna contare. e a gruppi di dieci. poi si dorme. e si fanno sogni colorati e bellissimi.

oggi, 24 dicembre, dopo il caffè e la sigaretta postprandiali, non dovendo né comprare regali né cucinare cenoni e trovandomi momentaneamente sprovvista di aspirapolvere, cercavo di capire come avrei occupato il pomeriggio. e per ragioni imperscrutabili, decidevo di andare in chiesa. mettevo su berretto e sciarpa, mi infilavo le cuffie, prendevo la metro e mi ritrovavo a notre-dame. e, stoica, mi accodavo non alla fila “visita”, ma alla fila “messa”. dopo due minuti netti, però, avvilita come non mai, ero fuori. il problema si riproponeva, con un’aggravante: si era fatto tardi per tutte o quasi le altre alternative. così decidevo di fare un salto da gibert jeune, già che ero in zona, giusto per perdere un’oretta spulciando tra gli scaffali. e, miracolo miracolo!, mentre annoiatissima scorrevo quarte di copertina su quarte di copertina (una più scialba dell’altra, per inciso), l’occhio cadeva sull’oggetto dei miei desideri (cercato, invano, per giorni, in ogni dove), che prendevo, pagavo e portavo a casa.

chi devo ringraziare? dio, babbo natale o dioniso?

tu dois voir plus loin [i’m lost]
tu dois revenir [i’m lost]
tu dois tout essayer [i’m lost]
tu dois devenir [i’m lost]

noir désir, lost, des visages et des figures (2002)

diciamo che aspetti da un sacco di tempo il disco che ti farà (di nuovo) a pezzi. che nel deserto che sono stati gli anni zero ci sono andati vicini due gruppi canadesi, i wolf parade (2005) e i frog eyes (2007). ci sono andati vicini, appunto. e poi quel disco arriva, inatteso e discreto, in un giorno qualsiasi di dicembre. il revient, le héros, il revient. e il suo ritorno ti toglie il fiato e il sonno. ti fa a pezzi. e continua a farti a pezzi, ascolto dopo ascolto dopo ascolto dopo ascolto. ti scaraventa in un passato che pensavi fosse finito, seppellito, perché a trent’anni e oltre no, niente più devastazioni. e invece sì. anche a trent’anni e oltre. e dopo. perché lasciarsi fare a pezzi per poi tentare di rimetterli assieme, quei pezzi, è l’unica cosa che ha senso, l’unica cosa per cui vale la pena vivere.